Un giudice italiano lunedì ha sospeso il procedimento contro quattro funzionari egiziani accusati di aver rapito, torturato e ucciso lo studioso italiano Giulio Regeni al Cairo nel 2016.
La decisione arriva dopo che quattro egiziani hanno rifiutato di collaborare con gli investigatori italiani.
Regeni, uno studente laureato a Cambridge che ricercava nella capitale egiziana, è scomparso a gennaio di sei anni fa.
Un tribunale italiano ha avviato il procedimento in assenza dei funzionari accusati, che non hanno mai risposto pubblicamente alle accuse e potrebbero non sapere nemmeno di essere sotto processo.
Non sono stati trovati i loro indirizzi di casa, richiesti dalla legge italiana per proseguire il procedimento. L’Italia ha compiuto numerosi sforzi per smascherarli, ma il Cairo ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nell’omicidio di Regeni e non ha collaborato.
Il ministero della Giustizia ha dichiarato che “l’Egitto rifiuta di collaborare all’attività di segnalazione degli atti”. [with Italy]”, in una notifica inviata lunedì (11 febbraio) al Tribunale di Roma. Il Cairo ha anche negato di aver tenuto un incontro tra il ministro della Giustizia italiano Marta Qurtabieh e il suo omologo egiziano. Il giudice ha fissato la data della prossima sessione per il 10 ottobre.
I parenti, sostenuti dall’organizzazione non governativa Amnesty International, non hanno smesso di chiedere “la verità per Giulio Regeni”.
Chiediamo al premier Draghi e al governo di alzare la voce, chiedendo la residenza di questi quattro funzionari designati. “Sappiamo chi sono e dove lavorano, dobbiamo permettere che questo processo continui”, ha detto lunedì Alessandra Ballerini, procuratore della famiglia Regeni.
Il caso fa luce sul deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto. I genitori di Regeni hanno invitato il Parlamento europeo a rispondere con forza, dicendo di aver sentito molte parole ma di aver visto finora poche azioni.